Francesca Floris

Solstizio d’Estate in Sardegna

“Cadeva la notte di San Giovanni. Olì usciva dalla cantoniera biancheggiante sull’orlo della stradale che da Nuoro conduceva a Mamoiada.…Olì recava strisce di scarlatto e nastri, con i quali voleva segnare i fiori di San Giovanni, cioè i cespugli di verbasco, di timo e di asfodelo da cogliere l’indomani all’alba per farne medicinali e amuleti.”

“Nella campagna intorno moriva la selvaggia primavera sarda: si sfogliavano i fiori di asfodelo e i grappoli d’oro della ginestra; le rose impallidivano nelle macchie, l’erba ingialliva, un caldo odore di fieno profumava l’aria grave.”

Dalle prime pagine di Cenere  – Grazia Deledda .

Come in tanti luoghi del mondo, anche in Sardegna abbiamo riti antichi e credenze di medicina popolare legati alla notte del solstizio d’Estate.
Si tratta di riti pagani, successivamente associati dalla Chiesa alla figura di San Giovanni Battista.

Tra tanti c’è anche quella della raccolta delle erbe aromatiche. Si dice, infatti, che la notte del 23 Giugno, durante la notte di San Giovanni, elicriso, iperico, lavanda, menta, rosmarino, timo erba barona, verbasco, alloro e tante altre erbe, acquisissero un potere sorprendente.

L’iperico, detto anche scacciadiavoli, pare dotato di fortissimi poteri scaramantici contro il malocchio che si moltiplicano esponenzialmente se raccolto durante questa notte.

Non lo sai dunque? L’alloro colto stanotte serve per medicina e per tante altre cose: per esempio, tu spargi le foglie di quest’alloro qua e la sui muri intorno alla vigna o ad un ovile, gli animali rapaci non potranno penetrarvi, ne rosicchiare l’uva, ne rapire gli agnelli

Dal libro Cenere – Grazia Deledda.

A corredo di questa suggestiva credenza c’è però anche una spiegazione scientifica: nei giorni a cavallo del Solstizio d’Estate, infatti, queste erbe assorbono il massimo della luce sia dal sole che dalla luna e se raccolte prima che questa decresca, conservano l’apice del loro potenziale.

Nei vari paesi dell’isola esistono diverse modalità di raccolta e di utilizzo di queste erbe.

Oltre ai testi reperibili online e nei pochi libri disponibili su questo affascinante argomento, ho fatto alcune interviste alle persone che incontravo o che pensavo potessero ricordare della notte di San Giovanni.

Mariangela

Mia suocera ricorda che quando era bambina, vicino a casa sua, viveva un uomo al quale la gente si rivolgeva per curare alcuni mali.  A quanto pare quest’uomo era detentore di alcune formule magiche che pronunciava sui malati nei pressi di una fonte, con l’ausilio di piante che crescevano nelle vicinanze dell’acqua, come il fiore di sambuco che la notte di San Giovanni diventava ancora più potente.

Margherita

Con i rami di fico legati tra loro, la notte del 23 Giugno si curava l’ernia, come mi ha spiegato la Sig.ra Margherita del negozio di tessuti tradizionali in Via La Marmora a Nuoro. La cosa più importante è che i rami legati fossero depositati dove non passavano animali che potessero mangiarli, altrimenti la magia non sarebbe stata efficace.

Maddalena

La Signora Maddalena racconta invece che ad Orgosolo si usciva la mattina prima dell’alba, verso le 5 e si raccoglievano (lei lo fa ancora) le erbe che si presentavano alla vista.
Molto spesso le più visibili erano Elicriso, Iperico, per via del colore dorato ma anche Menta Puleggia, Fiore di Sambuco e tante altre. In particolare, la Signora Maddalena si è soffermata sulla spina de Santu Juanne e racconta che sull’altopiano di Orgosolo, cresce una spina a cinque punte con il cuore rosso che, raccolta la notte di San Giovanni, serviva per pungere la carne e tenerla lontana dalle mosche. Mi ha spiegato che tanti prosciutti venivano affidati a questo sistema prima che arrivassero i frigoriferi. 

Tutte le erbe venivano fatte essiccare al buio e conservate per tutto l’anno per poi preparare decotti a scopi terapeutici o amuleti contro il malocchio. Uno di questi si chiama redzetta, si trattava di un quadrato di stoffa dove all’interno venivano inseriti 3 chicchi di asfodelo, 3 grani di sale benedetto il giorno di Corpus Domini e 3 erbe raccolte la notte di San Giovanni. Sa redzetta veniva piegata e appesa alle culle dei bambini o nei corpetti delle donne.

Erano le donne che si occupavano di queste pratiche anche se la Signora Maddalena mi ha spiegato che in paesi come Oliena, invece, erano gli uomini gli addetti alla raccolta.

Un’altra usanza è la raccolta dell’acqua da tre fontane.
Verso la mezzanotte l’acqua veniva mescolata in un’unica fiaschetta e così acquisiva la peculiarità di non intorpidire. Veniva conservata tutto l’anno e usata, unita alle erbe, per fare decotti, suffumigi o altre pratiche terapeutiche.

Olì andò oltre: oltre l’alveo del fiume, oltre il sentiero, oltre le macchie di olivastro: qua e la si curvava e legava con un nastro le cime di qualche cespuglio, poi si rizzava e scrutava la notte con lo sguardo acuto dei suoi occhi felini.

Il cuore le balzava forte, d’ansia, di timore e di gioia. La notte fragrante invitava all’amore e Olì amava. Olì con la scusa di segnare i fiori di San Giovanni andava ad un convegno amoroso.

Tratto dal libro Cenere – Grazia Deledda.

Gli abitanti di Lollove

A Lollove mi hanno raccontato che si usciva la notte del 23 Giugno per segnare con un nastrino colorato le piante che si intendeva raccogliere la mattina all’alba.
Le persone che ho intervistato non ricordavano nello specifico gli scopi magici e terapeutici delle singole piante, per loro era piuttosto una scusa per incontrarsi tra ragazzi e sperare in un nuovo amore.

Ignazio

Signor Ignazio racconta:

“Rituale di “s’abba rasàda”. Era praticato in tutte le frazioni della bassa Gallura sotto la foresta demaniale di Usinavà. La mattina presto della giornata di San Giovanni, dopo l’aurora, le ragazze giovani, andavano a prendere l’acqua dal pozzo, quando si supponeva che la stessa fosse ancora calma dopo la notte e non scossa da via vai di carri o quadrupedi. Se incontravano un uomo, il loro futuro marito, doveva avere il nome del soggetto incontrato. Perciò, tutte le ragazze, sapendo a che ora si alzavano e che strada facevano gli uomini che interessavano loro, facevano di tutto per incontrare per primo solo quello! Era un trucco semplice che le lasciava soddisfatte (ma anche deluse, dico io…)”

Mio padre

Mio padre non ricorda nessuna raccolta, mi ha raccontato però che quella notte gli uomini andavano a cantare sotto il balcone della ragazza con la quale speravano di fidanzarsi.

Solstizio d’Estate e i riti magici dell’amore

Si dice infatti che la notte di San Giovanni celebra anche i riti magici dell’Amore, tant’è che quella del 24 giugno è considerata la data più propizia per i matrimoni: in passato le giovani si rotolavano sui prati per bagnarsi della rugiada rigeneratrice e invocavano San Giovanni per conoscere il volto del futuro marito. (fonte)

Per scoprire il futuro del loro matrimonio, le giovani donne sarde, osservavano le piante che avevano segnato la notte prima. A seconda del tipo di insetto che le girava intorno potevano scoprire qualcosa sul loro futuro marito. 

Nel caso della formica sarebbe stato un contadino laborioso, nel caso della coccinella un commerciante, se fosse stata un’ape sarebbe stato un apicoltore, nel caso della mosca oziosa un ricco che campava di rendita… e così via.

La storia di questa notte magica mi ha affascinata al punto che ho pensato di utilizzarla come punto di partenza di un’altra storia, intensa e suggestiva, quella della “fuitina lollovese”….
Non ti piacerebbe saperne di più e raccontarla insieme a me e il mio collega  Marco Usala?
Compila il form qua sotto e saremo molto felici di coinvolgerti nel nostro progetto. 

FORM DI RICHIESTA INFORMAZIONI

Crediti

Abito: Atelier Piras 1953

Hair Stylist : Chez Domi

Modella : Valeria Melis

Immagini realizzate in collaborazione con Papiru Lab

Guida dei Sentieri: Roberto Chessa della bellissima Casa Museo di Lollove

Musica Video: “Verano Sardo” – Un ringraziamento speciale a Gustavo Gini per la gentile concessione

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